giovedì 10 aprile 2014



La notte dei fuochi
Ora l'ultima favilla si perde nella notte ,nel buio dell'anima lo sguardo si perde,nella memoria del tempo il ricordo è l'ultimo 
fuoco acceso.
Al sole caldo dell'estate si consumano le ore del giorno,la cicala ha intonato fino a tardi la sua romanza,la fiamma di rosso 
dipinge la notte,il cerchio si stringe,i canti si fanno più intensi,il respiro segue affannoso le stelle nel cielo.
Ricordo degli occhi accesi nel buio dal chiaro splendore di stelle, promesse mai fatte e mai mantenute, parole d'amore intrecciate
su sguardi fugaci, tu aspettavi forse da me la certezza del tempo,io correvo già nell'alba l'incognita del futuro.
Non ti ho più rivista.
A volte il ricordo dei fuochi mi porta i ricordi,le frasi non dette,i sospiri appena accennati,la tua richiesta con gli occhi 
rivolta,ma è inutile il tempo,si dissolvono i sogni e correndo lontano ho perso il tuo sguardo.
L'incosapevole leggerezza di allora è la sofferenza di adesso.

venerdì 28 marzo 2014

La notte e gli aquiloni

La notte  e  gli aquiloni                                                                                                                                                                       La notte con il suo respiro ha il fascino sottile delle cose nascoste,negli angoli si muovono i tanti folletti della fantasia,sui muri le ombre che camminano seguono il tuo andare  senza far rumore,fantasmi in cerca di una realtà impossibile.
Ti fermi ad ascoltare i tuoi passi che si alternano ai battiti del cuore,nel silenzio solo il rumore dei tuoi pensieri è assordante,sono voci lontane,suoni che ti porti dentro,che accompagnano i tuoi mille sentimenti.
Ed i volti appaiano nel buio, hanno gli occhi delle persone che ami,di chi hai conosciuto e mai dimenticato,di chi ha attraversato la tua vita in qualche modo segnandola.
Ti fermi a guardare un riccio che si muove tra le foglie, convinto di essere solo si muove sicuro, poi il buio della notte lo avvolge e torna il silenzio.
Anche i ricordi si fanno lontani  e nel riviverli senti i tuoi sogni confondersi quando il gracidare delle rane  nelle notti di estate attirava la tua attenzione di fanciullo.
La luna rifletteva il suo manto d'argento sullo stagno,l'acqua che giù scorreva dalla fontana aveva la magia nel suono ed il suo scorrere raccontava le mille  e care favole.
Ricordi?    L'inizio era sempre lo stesso:<<c'era una volta…….>>
Era il magico mondo delle fate,delle streghe,dei folletti dei boschi e dei tanti animali parlanti,era il meraviglioso mondo della fantasia,ma era anche il mondo di cui facevi parte,era il tuo incantato mondo di fanciullo.
C'era  una volta  un paesino nascosto  solitario sul colle, mille alberi di ulivo e castagno profumavano l'aria,nei boschi d'estate le fragole crescevano tra tenere foglie,sugli alberi alte le cicale  cantavano la loro canzone.
Come era facile correre lungo stretti sentieri ! E poi fermarsi al vecchio lavatoio dove l'acqua di fonte scorreva cristallina nelle grigie vasche di pietra, con fare gioioso bagnavi il viso sudato e l'acqua scendendo disegnava sulla pelle un brivido freddo.
In  alto , nel cielo turchino volavano uccelli di carta,colori  assortiti da mani  di giovani  esperti, e quando il filo tirato dal vento si spezzava l'aquilone lontano volando diventava un tuo libero sogno.
La sera finiva  tranquilla,la notte portava i suoi sogni ed in alto tra stelle d'argento,se gli occhi chiudevi, vedevi apparire un grande aquilone
.

lunedì 25 novembre 2013

IL QUARTO RE MAGIO



La sua patria era un paese bagnato dal mare e di là aveva portato tre perle preziose per donarle al Re nato in Occidente e di cui aveva visto la stella, la sera, nel roseto. 
Si era alzato e aveva lasciato tutto. Il Re del quarto regno aveva preso il suo tesoro più raro, le tre perle bianche grandi come uova di piccione, le aveva messe nella cintura e aveva deciso di cercare il posto sul quale brillava la stella.
Lo trovò, ma arrivò troppo tardi. I tre Re erano venuti ed erano già ripartiti. Arrivava troppo tardi, e con le mani vuote… Non aveva più le perle.
Aprì piano piano la porta della stalla dove c’erano il figlio di Dio, la madre di Dio e Giuseppe. Il giorno si spegneva e la stalla diventava scura; un leggero profumo d’incenso era lì sospeso, come in una chiesa dopo i vespri.
 San Giuseppe rivoltava la paglia della stalla per la notte. Il Bambino Gesù era sulle ginocchia di sua madre. Ella lo cullava dolcemente e a mezza voce cantava una di quelle ninna-nanne che si odono di sera quando si passeggia per le strade di Betlemme.
Lentamente, esitando, il quarto Re Magio si fece avanti e si gettò ai piedi del bambino e di sua madre.
 Lentamente, esitando, cominciò a parlare.
“Signore” disse,  “io non vengo insieme agli altri santi Re che ti hanno reso omaggio e di cui tu hai ricevuto i doni. Anch’io avevo un dono per te: tre perle preziose, grandi come un uovo di piccione, tre vere perle del mare. Ora non le ho più.
 Sono rimasto indietro e mi sono fermato in un alberghetto lungo la strada.
 Ho avuto torto. Il cibo e il vino mi tentavano, un usignolo cantava e decisi di passare lì la notte.
Quando entrai nella sala degli ospiti, vidi un vecchio tremante di febbre. Nessuno sapeva chi fosse, la sua borsa era vuota: non aveva più soldi per pagare il dottore e le cure che gli erano necessarie.
 Signore, era un uomo molto vecchio, scuro e secco, con una barba bianca inselvatichita. Allora presi una perla dalla cintura e la diedi all’albergatore, perché procurasse un medico e gli assicurasse le cure, o se moriva, una tomba in terra benedetta.
L’indomani ripresi il viaggio. Spinsi il mio asino il più possibile per raggiungere i tre Re. I loro dromedari avanzavano lentamente e speravo di farcela.
La strada percorreva una vallata deserta dove enormi rocce si ergevano sparse tra siepi di terebinti e ginestre dai fiori d’oro.
 All’improvviso udii delle grida che provenivano da un vallone. Saltai giù dall’asino e trovai dei ladroni che si erano impadroniti delle povere cose che si trovavano nella casa di una giovane e povera donna.
 Erano in parecchi e non potevo pensare di battermi con loro.
 O Signore, perdonami ancora una volta! Misi mano alla cintura, presi la seconda perla e pagai i ladroni perché liberassero la giovane donna. 
Lei mi baciò e fuggì sulle montagne con la rapidità di un capretto.
Adesso non mi restava che una perla sola, la più bella e la più grossa. Almeno quella volevo portartela, o Signore!
Era passato il mezzogiorno: prima di sera potevo essere a Betlemme, ai tuoi piedi.
 Fu allora che vidi un paesino al quale i predoni avevano dato fuoco e che era, ormai, tutto in fiamme.
 In quel povero villaggio, stavano distruggendo ogni cosa.
 Vicino a una casa in fiamme un uomo grane e grosso, quasi un gigante tutto vestito di nero, faceva roteare un gran cesto di pane per gettarlo nel fuoco. Signore, perdonami, presi la mia ultima perla, la più bella e la più grossa, e la diedi al predone in cambio della cesta di pane che era tutto quello che in quel villaggio avevano per sfamarsi. La consegnai alla moglie del capo villaggio, che corse a metterla al sicuro per tutta la sua gente.
Signore, ecco perché ho le mani vuote. Perdonami, io ti chiedo perdono!”
Quando il quarto Re ebbe terminata la sua confessione, nella stalla ci fu un grande silenzio. Egli stette per un po’ chino, con la fronte appoggiata per terra.
 San Giuseppe si era avvicinato. Maria guardava suo figlio tenendolo stretto a sé. Stava dormendo? No! Il Bambino Gesù non dormiva.
 Lentamente si girò verso il quarto Re. Il suo volto era raggiante. Maria gli fece un cenno di avvicinarsi. Lui si fece avanti imbarazzato. Maria depose dolcemente il bambino tra le braccia del quarto Re: ora, ora non aveva più le mani vuote.



sabato 9 novembre 2013

LA REPUBBLICA UNIVERSALE DI FILADELFIA


 La "Repubblica di Filadelfia (4 maggio 1870), durata tre giorni. La sollevazione popolare fu guidata da Ricciotti Garibaldi che si pose alla testa di un moto antigovernativo in cui confluirono filoborbonici, briganti e cattolici. La rivolta partì da Curinga, dove fu proclamato il governo provvisorio repubblicano. A Filadelfia nel contempo veniva proclamata la Repubblica Universale. Il sogno utopico svanì presto e i rivoltosi furono sconfitti a Cortale dalle truppe regie e il figlio di Garibaldi, dopo essersi battuto strenuamente, riuscì a sfuggire alla cattura.  Per molti il termine "tamarro" è un'ingiuria, ma in questa parola, come in altre, si denominano le classi rurali calabresi che seppero con orgoglio, lavoro e sacrifici combattere la malaria e le incursioni saracene. II popolo contadino, legato alla propria terra e alla propria cultura, diede la caccia ai giacobini e fece la fortuna dei baroni, proprietari terrieri, i cosiddetti "gnuri". Un popolo che rifiutò la piemontesizzazione dei propri costumi per ribadire la propria identità e specificità contro la forzata colonizzazione dei nuovi conquistatori, pagando con la vita la sua ribellione.

sabato 3 agosto 2013


Non è mai notte quando vedo il tuo volto; perciò ora a me non sembra che sia notte, nè che il bosco sia spopolato e solitario, perchè per me tu sei il mondo intero; chi potrà dunque dire che io sono sola se il mondo è qui a guardarmi?
“Sogno di una notte di mezza estate” di William