lunedì 25 novembre 2013

IL QUARTO RE MAGIO



La sua patria era un paese bagnato dal mare e di là aveva portato tre perle preziose per donarle al Re nato in Occidente e di cui aveva visto la stella, la sera, nel roseto. 
Si era alzato e aveva lasciato tutto. Il Re del quarto regno aveva preso il suo tesoro più raro, le tre perle bianche grandi come uova di piccione, le aveva messe nella cintura e aveva deciso di cercare il posto sul quale brillava la stella.
Lo trovò, ma arrivò troppo tardi. I tre Re erano venuti ed erano già ripartiti. Arrivava troppo tardi, e con le mani vuote… Non aveva più le perle.
Aprì piano piano la porta della stalla dove c’erano il figlio di Dio, la madre di Dio e Giuseppe. Il giorno si spegneva e la stalla diventava scura; un leggero profumo d’incenso era lì sospeso, come in una chiesa dopo i vespri.
 San Giuseppe rivoltava la paglia della stalla per la notte. Il Bambino Gesù era sulle ginocchia di sua madre. Ella lo cullava dolcemente e a mezza voce cantava una di quelle ninna-nanne che si odono di sera quando si passeggia per le strade di Betlemme.
Lentamente, esitando, il quarto Re Magio si fece avanti e si gettò ai piedi del bambino e di sua madre.
 Lentamente, esitando, cominciò a parlare.
“Signore” disse,  “io non vengo insieme agli altri santi Re che ti hanno reso omaggio e di cui tu hai ricevuto i doni. Anch’io avevo un dono per te: tre perle preziose, grandi come un uovo di piccione, tre vere perle del mare. Ora non le ho più.
 Sono rimasto indietro e mi sono fermato in un alberghetto lungo la strada.
 Ho avuto torto. Il cibo e il vino mi tentavano, un usignolo cantava e decisi di passare lì la notte.
Quando entrai nella sala degli ospiti, vidi un vecchio tremante di febbre. Nessuno sapeva chi fosse, la sua borsa era vuota: non aveva più soldi per pagare il dottore e le cure che gli erano necessarie.
 Signore, era un uomo molto vecchio, scuro e secco, con una barba bianca inselvatichita. Allora presi una perla dalla cintura e la diedi all’albergatore, perché procurasse un medico e gli assicurasse le cure, o se moriva, una tomba in terra benedetta.
L’indomani ripresi il viaggio. Spinsi il mio asino il più possibile per raggiungere i tre Re. I loro dromedari avanzavano lentamente e speravo di farcela.
La strada percorreva una vallata deserta dove enormi rocce si ergevano sparse tra siepi di terebinti e ginestre dai fiori d’oro.
 All’improvviso udii delle grida che provenivano da un vallone. Saltai giù dall’asino e trovai dei ladroni che si erano impadroniti delle povere cose che si trovavano nella casa di una giovane e povera donna.
 Erano in parecchi e non potevo pensare di battermi con loro.
 O Signore, perdonami ancora una volta! Misi mano alla cintura, presi la seconda perla e pagai i ladroni perché liberassero la giovane donna. 
Lei mi baciò e fuggì sulle montagne con la rapidità di un capretto.
Adesso non mi restava che una perla sola, la più bella e la più grossa. Almeno quella volevo portartela, o Signore!
Era passato il mezzogiorno: prima di sera potevo essere a Betlemme, ai tuoi piedi.
 Fu allora che vidi un paesino al quale i predoni avevano dato fuoco e che era, ormai, tutto in fiamme.
 In quel povero villaggio, stavano distruggendo ogni cosa.
 Vicino a una casa in fiamme un uomo grane e grosso, quasi un gigante tutto vestito di nero, faceva roteare un gran cesto di pane per gettarlo nel fuoco. Signore, perdonami, presi la mia ultima perla, la più bella e la più grossa, e la diedi al predone in cambio della cesta di pane che era tutto quello che in quel villaggio avevano per sfamarsi. La consegnai alla moglie del capo villaggio, che corse a metterla al sicuro per tutta la sua gente.
Signore, ecco perché ho le mani vuote. Perdonami, io ti chiedo perdono!”
Quando il quarto Re ebbe terminata la sua confessione, nella stalla ci fu un grande silenzio. Egli stette per un po’ chino, con la fronte appoggiata per terra.
 San Giuseppe si era avvicinato. Maria guardava suo figlio tenendolo stretto a sé. Stava dormendo? No! Il Bambino Gesù non dormiva.
 Lentamente si girò verso il quarto Re. Il suo volto era raggiante. Maria gli fece un cenno di avvicinarsi. Lui si fece avanti imbarazzato. Maria depose dolcemente il bambino tra le braccia del quarto Re: ora, ora non aveva più le mani vuote.



sabato 9 novembre 2013

LA REPUBBLICA UNIVERSALE DI FILADELFIA


 La "Repubblica di Filadelfia (4 maggio 1870), durata tre giorni. La sollevazione popolare fu guidata da Ricciotti Garibaldi che si pose alla testa di un moto antigovernativo in cui confluirono filoborbonici, briganti e cattolici. La rivolta partì da Curinga, dove fu proclamato il governo provvisorio repubblicano. A Filadelfia nel contempo veniva proclamata la Repubblica Universale. Il sogno utopico svanì presto e i rivoltosi furono sconfitti a Cortale dalle truppe regie e il figlio di Garibaldi, dopo essersi battuto strenuamente, riuscì a sfuggire alla cattura.  Per molti il termine "tamarro" è un'ingiuria, ma in questa parola, come in altre, si denominano le classi rurali calabresi che seppero con orgoglio, lavoro e sacrifici combattere la malaria e le incursioni saracene. II popolo contadino, legato alla propria terra e alla propria cultura, diede la caccia ai giacobini e fece la fortuna dei baroni, proprietari terrieri, i cosiddetti "gnuri". Un popolo che rifiutò la piemontesizzazione dei propri costumi per ribadire la propria identità e specificità contro la forzata colonizzazione dei nuovi conquistatori, pagando con la vita la sua ribellione.

sabato 3 agosto 2013


Non è mai notte quando vedo il tuo volto; perciò ora a me non sembra che sia notte, nè che il bosco sia spopolato e solitario, perchè per me tu sei il mondo intero; chi potrà dunque dire che io sono sola se il mondo è qui a guardarmi?
“Sogno di una notte di mezza estate” di William 

giovedì 11 luglio 2013

INDUISMO



L'induismo non ha un fondatore come tante altre religioni,ma risulta costituito da tante correnti diverse,alla loro formazione concorsero diversi saggi e attraversi i primi testi vedici,risalenti a più di temila anni  or sono,le grande epopee che formano il Mahabharata e gli scritti moderni si traccia  un movimento unico.

mercoledì 10 luglio 2013

IL MAHABHARATA (1)




Il Mahabharata è il grande poema epico dell'Induismo,scritto tra il IV secolo AC ed  
il IV secolo DC.
E' un poema lunghissimo per cui necessariamente  qui sarà fatta una breve sintesi.

LA MALEDIZIONE DEI SERPENTI

Un giorno,il re Pariksht,arrivò alla capanna del saggio Shamika,ed avendo molta sete gli chiese qualcosa per dissetarsi,ma il saggio era in estasi profonda e non poté sentirlo,allora  il re prese un serpente morto e glielo appese al collo.
Dell'accaduto ne venne anche a conoscenza  il figlio di Pariksht, Shring,che,sebbene giovane,possedeva già forti poteri mistici.
Shring,per vendicare il padre,maledisse il re,prevedendo per lui la morte entra sette giorni.
Il re seppe della maledizione,ma essendo saggio,non si adirò,ma accettò la stessa come una giusta punizione.
Avvenne,dunque, che al settimo giorno, re Pariksht fu morso da un serpente e morì.
Al trono succedette Janamejaya,figlio di Pariksht,che desiderando vendicare il padre,ma nulla potendo fare contro il brahmano Shring,decise di sterminare il popolo dei serpenti.
Riunì quindi i più celebri  sacerdoti affidando loro il compito di  invocare con sacrifici la distruzione di tutti i serpenti.
I naga (serpenti) allarmati per l'imminente pericolo e sentendo vicina la loro fine si  rivolsero  al loro re,il saggio Vasuki.
Ma Vasuki così rispose:<<sappiate che già da parecchi millenni noi siamo maledetti e destinati a perire nel fuoco,ma ascoltate la nostra storia.Il nostro progenitore Kashypa sposò Kadru  e Vinita, alle quali fu concesso di avere a scelta o una prole numerosa e debole oppure pochi figli ma potenti, Kadrù fece la prima scelta,Vinita  la seconda.
 Un giorno,mentre passeggiavano lungo il mare videro un magnifico cavallo bianco,ma mentre Kadru sosteneva che la sua coda aveva anche dei peli neri,Vinita asseriva di no,finirono  col fare una scommessa:chi aveva torto sarebbe diventata la schiava dell'altra.
Durante la notte Kadru,presa dal dubbio,chiamò i suoi figli e disse loro della scommessa fatta e per essere sicura di vincerla ordinò di nascondersi nella coda del cavallo,da lontano sarebbero sembrati dei peli neri.
Ma i serpenti non vollero ubbidire,la madre adirata li maledisse prevedendo per loro la completa distruzione>>.
I naga si  misero a tremare,ma il loro re aggiunse:<<una via di salvezza però è possibile,esiste un saggio che può evitare  la distruzione totale dei serpenti,questo saggio si chiama  Jaratkara e sta cercando moglie,io  farò in modo che sposi  mia sorella>>.
E così avvenne,Jaratkara sposò la sorella di Wasuki e generò un figlio di nome Astika,che divenne un brahamana saggio e potente.
Intanto  il grande sacrificio andava avanti,i sacerdoti danzavano ed invocavano i loro mantra,il rogo diveniva sempre più alto,le piaghe coprivano il corpo dei danzatori attorno al fuoco.
Quando il sortilegio divenne abbastanza forte a migliaia i serpenti presero a precipitare nel rogo,ogni loro resistenza era inutile,l'odore della carne che bruciava era orribile.
Fu a questo punto che i serpenti chiesero l'intervento del giovane brahamana  Astika, che accogliendo la richiesta si recò sul luogo del rogo.
La sua fama era grande ed il re Janamejaya  ne aveva sommo rispetto per cui in segno di ospitalità gli promise qualsiasi cosa avesse chiesto.
Le proteste dei sacerdoti furono inutili,il giovane chiese ed ottenne l'interruzione del sacrificio,una parte dei serpenti fu così salva.
Fu a questo punto che uno dei saggi chiese di sapere come   era successo che i figli di Pandu si erano scontrati in una  guerra devastante con i loro cugini,a raccontare il terribile evento fu lo stesso Suta che disse di raccontare così come aveva sentito da  Vaisampayana.

martedì 9 luglio 2013

MAHABHARATA (2)


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Erano passati molti anni da quando Parashurana,l'incarnazione  di Dio,per purificare la terra dai malvagi, aveva fatto perire i suoi guerrieri,così le donne della classe dei Kshatriya pregarono il Signore che almeno facesse rivivere quella classe che in passato si era adoperata per la pace.
La richiesta fu accolta e dai brahamana più potenti i figli che nacquero erano spiritualmente colti ed evoluti.
Intanto nei piani celesti si era accesa una furiosa battaglia tra Deva e Demoni,i Demoni sconfitti si rifugiarono sulla terra e con l'intenzione di dominarla si insinuarono nella classe dei Kshatriya con la nascita di molti bambini malvagi.
Ma il dio Brahama,accortosi dell'accaduto.riunì i Deva  incaricandoli di incarnarsi anche essi tra i Kshatriya e distruggere i malvagi.
Fu così che i Deva terrestri cominciarono a moltiplicarsi divenendo ben presto forti ed invincibili, ed ecco come si arrivò a quella che fu la battaglia finale.
Il re Shantanu,della famiglia dei Kshatriya,ricordava ancora quanto gli aveva raccontato il padre  Pratipa,quando era ancora fanciullo:<<un giorno Patripa,mentre stava meditando seduto,vide uscire dalle acque del Gange una bellissima,ragazza che,dopo essersi avvicinata, si sedette sulla sua coscia destra.Il re le fece notare che non era lecito avvicinarsi ad un uomo in meditazione e che solo figlie e nuore potevano sedere sulla sua coscia destra,per cui lui mai avrebbe potuto sposarla,semmai prenderla come nuora.A quelle parole la ragazza ritornò nel fiume e sparì.>>
Patripa raccomandò al figlio che quando quella ragazza sarebbe tornata lui l'avrebbe dovuta sposare,
Passarono gli anni ed il vecchio re morì,Shantanu salì al trono ed avvenne che mentre passeggiava in riva al Gange vide una bellissima ragazza uscire dall'acqua ed avvicinarsi,il re le fece notare che non era conveniente ad una ragazza sola essere in quel posto,la donna rispose che non aveva fratelli o marito e che non poteva rivelargli il suo nome.
La soavità del suo volto e la dolcezza della sua voce conquistarono il re che le propose di sposarlo,la ragazza acconsentì ad una condizione che mai e poi mai avrebbe chiesto chi fosse e mai e poi mai avrebbe chiesto spiegazioni sul suo modo di comportarsi,il re promise e le nozze furono dopo alcuni giorni celebrati.
Passò qualche anno e la regina partorì un bambino,la felicita di Shantanu era immensa,ma presto si tramutò indolore,senza parlare la regina prese il bambino appena nato e lo gettò nelle acque del fiume Gange.
Il re avrebbe voluto chieder spiegazioni,ma ricordandosi della sua promessa non chiese nulla.
Purtroppo però la cosa era destinata a ripetersi,infatti anche il secondo nascituro venne buttato nel fiume e così il terzo ed il quarto ed il quinto,il sesto ed  il settimo bambino.
Per l'ottava volta la regina ebbe un figlio e per l'ottava volta con folle calma si diresse verso il Gange,ma il re disperato questa volta non seppe trattenersi e con dolore chiese il perché di tanta inumana follia.
Ed ecco la risposta della donna: mi spiace  di averti fatto soffrire,ma quanto io ho fatto era il volere degli dei,io ora sono costretta a lasciarti,ti riporterò però il bambino quando sarà grande.
Ma  Shantanu non si accontentò di una simile risposta ed allora insistette per avere spiegazioni al che la donna rispose di chiamarsi Ganga e di essere la dea del fiume e quindi così continuò:
<<nella tua vita precedente tu eri il re Mahabhisha,saggio e valoroso,per la tua saggezza gli dei ti avevano concesso la possibilità di visitarli nei piani celesti e fu lì che un giorno ci incontrammo,tra noi nacque un amore irrefrenabile,ma l'amore tra una dea  ed un mortale  è cosa peccaminosa per cui il Dio Brahama  ci maledisse e ci condanno a scendere sulla terra come comuni mortali.
Lì ci saremmo sposati,ma dopo un po' ci saremmo di nuovo divisi.
Però prima di scendere sulla terra io fui avvicinata da otto Vasu che erano stati condannati a scendere sulla terra come noi per aver un giorno rubato al saggio  Vasishita una mucca,ma solo sette di essi dopo essersi incarnati sarebbero ritornati in cielo,il ladro materiale del furto sarebbe rimasta sulla terra,quindi essi mi pregarono di essere la loro madre e di gettarli nel gange appena nati onde ritornare presto nelle sfere celesti.Così è stato e così io per volere divino ho dovuto fare>>
Detto ciò  Ganga sparì nelle acque del fiume,per sedici anni il re attese il suo ritorno,al sedicesimo anno la donna si ripresentò con un ragazzo di nome Devavrata e lo consegnò al padre.

venerdì 17 maggio 2013

FAVOLE MODERNE



IL RAGAZZO  VENUTO DAL NULLA

Non era facile notare  ciò che il cartone celava,i due muri dell'edificio nascondevano alla vista dei passanti la piccola massa informe appena riparata dal vento e dalla pioggia,solo un minuscolo piede senza scarpa sporgeva scoperto ed era come se levasse al nulla una invocazione di aiuto.
Un cane ne annusò l'odore,poi rimase un attimo immobile,afferrò il cartone e lo tirò via,un bimbo nei suoi poveri stracci dormiva sul freddo cemento della strada.
Qualcuno tirò dritto,uno sguardo indifferente,una alzata di spalle,come per dire non è cosa che mi riguarda,poi finalmente un vecchio toccò il bambino col suo bastone,niente....né un gemito,né un lamento,forse è morto,forse dorme, chissà?
Altri passarono,altri videro,solo a sera  un ragazzo scorgendolo si mise ad urlare attirando l'attenzione dei passanti, il 118 finalmente chiamato soccorse il fanciullo che respirava a fatica.
Quanti giorni passarono prima che riprendesse un po di forza? Uno....forse tre,poi aprì gli occhi si guardò attorno e sospirò profondamente.
Gli fu chiesto il nome,il luogo da dove proveniva,dove erano i genitori,il bambino rispose qualcosa di incomprensibile, nessuno riusciva a  capirlo e lui non riusciva a capire.
Dopo qualche giorno prese ad alzarsi,mangiava i suoi pasti regolarmente,ma niente di più,un bel giorno scomparve,ai piedi del letto aveva lasciato il pigiama che gli avevano fatto indossare,aveva ripreso i suoi stracci  e se ne era andato.
Dove?
Qualcuno disse di averlo visto alla stazione mentre saliva su un treno destinazione nord,qualche altro raccontava di averlo visto salire su una nave,ma molti raccontarono di averlo visto in riva al mare,a piedi scalzi,camminare verso l'acqua.
Non fu più trovato,rimase solo un ragazzo venuto dal nulla e tornato nel nulla.

domenica 28 aprile 2013

RICORDI D'INFANZIA

REALTA' O FANTASIA?


Questo è davvero uno strano ricordo,uno di quelli che avresti voluto dimenticare,ma non ci riesci.
Quanto sto per raccontare è quanto ancora  rammento di quanto, tanti anni fa, un mio caro amico ebbe a confidarmi con una certa titubanza.
<<Era una sera di Agosto,il caldo afoso aveva picchiato duro per tutto il giorno e a sera,col tramonto del sole,si respirava una aria più gradevole,come tante altre volte anche quella sera alla vecchia fontana del paese.
Era fuori del centro abitato,ai piedi della collina,l'acqua scorreva fresca e cristallina,dava  la sensazione di sentire un po' di  ristoro e sedersi sul muretto di pietra guardando l'acqua scorrere era davvero piacevole.
Quella sera era più tardi del solito,e,guardandomi attorno,vidi una giovane ragazza,seduta a me di fronte ,molto giovane,i capelli sciolti sulle spalle,un leggero pullover malgrado il caldo ed una gonna a pieghe.
Mi avvicinai e le chiesi cosa facesse  tutta sola,non rispose,ma si limitò ad indicare la fontana,le dissi il mio nome e le chiesi il suo,mi disse di di chiamarsi Alice e di venire lì tutte le sere,le risposi che io non l'avevo mai vista prima.
Sorrise,scese dal muretto e si avviò verso il paese,mi misi al suo fianco anche perché era ora di tornare a casa,per un lungo tratto nessuno di noi disse una parola,poi,fermandosi dinanzi ad una villetta mi disse di essere arrivata,le chiesi se l'avrei rivista,sorrise e scosse la testa,poi mi porse la mano  in cui stringeva una piccola bambola,prendila disse e sparì verso casa.
Misi in tasca la bambolina e andai via.
Ritornai parecchie sere alla vecchia fontana sperando di rivederla,ma inutilmente,dopo dieci giorni circa ritornai alla casa dove la vidi entrare,suonai alla porta,una donna avanti negli anni mi aprì,con voce incerta chiesi di Alice,la donna  mi  guardò tra il sospetto e lo stupito,poi mi disse che lo scherzo era stupido,con sempre maggiore imbarazzo le spiegai ogni cosa,lei mi fece entrare,prese una foto e me la porse,era Alice, così come l'avevo vista qualche giorno prima.
Sicuro di averla trovata chiesi se fosse la figlia e se potevo vederla,la donna mi rispose che quella ragazza era la sua gemella e che era morta ormai da cinquanta anni.
Rimasi senza fiato.quando mi ripresi ripetei alla donna il mio racconto e siccome sembrava non credermi estrassi dalla tasca la bambolina,la donna scoppiò in lacrime e mi racconto che Alice era morta una di quelle sere di Agosto cadendo dal muretto,quella bambola l'aveva persa allora.
Le diedi la bambola e lasciai quella casa intontito,incredulo e sbigottito,forse Alice aveva scelto me per restituire alla sorella la bambolina.>>
Verità o fantasia? Realtà o immaginazione?
Chissà,forse entrambi,o forse niente.

domenica 14 aprile 2013

LEGITTIMAZIONE PARLAMENTARE E LEGITTIMAZIONE POLITICA


Nel linguaggio comune si fa troppo spesso confusione tra legittimazione parlamentare e legittimazione politica.
La legittimazione parlamentare scaturisce dal potere che ogni cittadino possiede  e che esercita attraverso il voto,rappresenta quindi il consenso elettorale che un uomo politico o una forza politica  ottiene dagli elettori durante la votazione.
La legittimazione politica  deriva da quel complesso di norme,atteggiamenti,valori che caratterizzano la democrazia e che devono essere assunti come principi non negoziabili dall'uomo politico o dalla forza politica.
Cerchiamo di spiegare con un esempio.
Mussolini prima ed Hitler poi ebbero  tramite il voto un legittimo consenso e quindi una forte legittimazione parlamentare,ma tale legittimazione non si trasformò mai in legittimazione politica proprio perché quei movimenti ,nazismo e fascismo, erano caratterizzati da disvalori e da comportamenti contrari ad ogni forma di democrazia giusta e libera.
Il voto,quindi,consente la partecipazione ai lavori parlamentari e legittima il dibattito  a confrontarsi su ciò che di volta in volta il Parlamento discute,
Ma il politico così legittimato rimane escluso dal dialogo politico,poiché il confronto politico può avere come oggetto temi i cui valori  sono in netto contrasto
a quelli che l'interlocutore porta in se.
Ne discende che il dialogo politico  può nascere tra partiti che si riconoscono negli stessi valori;chi si appella alla violenza,alla bugia,alla cura degli interessi di parte,non ha il diritto di chiedere o partecipare al confronto,viene,o dovrebbe,venire isolato fino a quando mantiene tale atteggiamento nonostante il consenso elettorale.

IL RICORDO DELLE FRAGOLE



Il ricordo delle fragole

Son sicuro che nel bosco della mia infanzia son tornate a fiorire le fragole,nascoste a volte tra le foglie,i rovi si attaccano con le loro spine,su per i sentieri,che nel bosco di castagne si inerpicano verso la cima del colle.
Il bosco delle castegne,sempre verde il sotto bosco dove una forma infinita di minuscola vita  corre e si moltiplica  mentre tra i folti rami degli alberi filtra la luce solare.
All'ombra delle foglie il cinguettio degli uccelli si confonde col frinire delle cicale mentre le lunghe giornate estive ci regalono mille avventure.
Abbiamo  cercato con fatica le via delle fragole e con quelle raccolte ne abbiamo fatto collane,sembra incredibile:una collana di fragole,ma per noi ragazzi era un modo semplice per portarle a casa.
A settembre,quando l'estate starà per finire,torneremo per le castagne e poi,accaldati,al vecchio lavatoio di pietra,dove l'acqua scorre con mille sussurri .